martedì 31 marzo 2009

mutande e prosperità



Francesco sta togliendo definitivamente il pannolino e io con lui ( almeno spero ).


Sì, perchè i pannolini sono parte integrante della vita di ogni mamma: con la loro voluminosa confezione risparmio occupano metà carrello della spesa e alla fine non ci stanno nei sacchetti; costano decine di euro al mese e inquinano come un pallet di bottiglie di plastica; procurano irritazioni varie ai santi culetti e comportano di conseguenza l' acquisto di tubetti di creme allo zinco ... ma soprattutto, creano quell' attaccamento morboso del bambino a quello strumento che permette loro di non staccarsi dalla visione del cartone animato preferito o di continuare a giocare imperterriti mentre la puzza si espande ed invade l' area gioco fino ad arrivare come un filo trasparente alle narici della mamma.



Come scritto in un post precedente, prima di cominciare a portarlo verso questo nuovo grande traguardo, mi sono riletta Freud e la sua teoria della gratificazione, mi sono informata sul metodo migliore per non fargli subire "traumi" e ho capito che, come tutte le cose, va fatto tutto nel modo più naturale possibile, senza la fretta di togliere a me stessa questo peso.


E allora quando, come questa mattina, Francesco non ha voglia di mettere le mutandine perchè preferirebbe ritornare alla plastica confortante del suo amato pannolino, gli offro una spalla - oooops, una tetta - su cui appoggiare la sua tenera guancia e sentirsi rassicurato, amato, sostenuto in questo come negli altri futuri cambiamenti della sua vita.




p.s. scusate la tetta in primo piano, ma quest' immagine mi piaceva troppo. E poi, dopo aver allattato e mostrato la tetta a destra e a manca, non mi fa nessun effetto vederla pubblicata, per lo più coperta.
Forse però includere la parola "prosperità" nel titolo è un po' azzardato, ora che vedete da questa foto che tanto prosperosa non sono ...




giovedì 26 marzo 2009

mattine milanesi


Chi vive Milano tutti i giorni non può capire certe cose. Milano uno ce l' ha nel DNA e chi non ce l' ha fa fatica a digerire i suoi ritmi, i suoi rumori, i suoi gesti. Per chi ha un DNA diverso è inconcepibile regalare così tanto del proprio prezioso tempo ad una città che fagocita centinaia di persone al minuto e che è capace di bruciare infiniti istanti della tua vita nel percorrere solo poche centinaia di metri. Eppure per i lavoratori milanesi sfidare ogni mattina i mezzi pubblici - che siano essi metropolitane, tram, pullman, treni o filobus - è un fatto del tutto normale ma, a differenza di quanto si possa pensare, nessuno di loro guarda l' orologio, tanta è l' abitudine di dover affidare quotidianamente questi intervalli di tempo alla città.



Un po' perchè già mi sono rotta il naso una volta in bici grazie al fantastico pavé che regna sovrano per le vie del centro e un po' perchè ora mi sono trasferita un po' più in periferia, anche io mi adatto e trascorro ogni mattina un' oretta tra treno e filobus.




Ci sono giorni - e questo è uno di quelli - in cui durante il tragitto non riesci a tirare fuori l' mp3, un libro, il cellulare. Ci sono giorni in cui l' unica cosa che ti va di fare è osservare. Buttare un po' lo sguardo all' esterno e sentire la voglia di aggrapparsi a quel filo che segue i binari e chissà fin dove arriva, vedere come la campagna sia stata intrappolata dal cemento. Oppure guardare gli occhi di chi è seduto di fronte a te. E chiedersi se anche lui è infelice come te o se il solo fatto di essere su un filobus schiacciato da borse, gambe, voci, strilli, non implichi per forza un triste destino.




In giorni come questi arrivare in ufficio e leggere l' e-mail di un amico ti mette in crisi, se non sai dove andare. E allora pensi che forse la gente ha solo voglia di farsi trascinare fino al mare come una foglia sull' acqua, di farsi sorprendere dagli eventi della vita senza far fatica, senza sforzo; ma magari nel cuore avrebbe voglia di essere un salmone. Un salmone che lotta per arrivare alla meta, che non si accontenta di essere cullato dalle onde, ma deve, vuole contrastare la corrente. E rischiare.


Unirmi alla massa delle foglie che si fanno portare al traguardo, seguire quel filo sulla mia testa senza capire dove va non fa per me. Io sono decisamente un salmone, voglio afferrare quel filo e arrivare al mare con le mie forze. Anche se so che il mio destino è in qualche modo segnato. Ma non è detto.


Forse un salmone lo è anche l' uomo dagli occhi malinconici che mi è seduto di fronte ... e magari è solo un salmone triste come me.
Dai, amico, che stiamo arrivando.
foto scattata dall interno del treno di ritorno a casa, ore 18,40 circa.

martedì 24 marzo 2009

sogni d' oro incasinati


Francesco adora le favole. Ed io con lui, amo immergermi in un mondo in cui gli animali del bosco rubano uno zoccolo al gigante Barbarossa per navigare il fiume, in cui la mucca Cornelia spedisce con una cornata il contadino Contardo al di là della collina, in cui Nonna Coniglia riunisce intorno a sè tutti i suoi nipotini per raccontare loro le avventure della Fattoria del Melo Verde.

Poi ci sono le classiche fiabe che grazie alle rappresentazioni di Walt Disney hanno arricchito il nostro immaginario di bambine.

Francesco cresce con la nonna - mia madre - che non ha la benchè minima intenzione di raccontargli storie di guerrieri, dinosauri o robot. No, lei è convinta che le vere favole siano quelle in cui devono esserci, nell' ordine:


1) una sfigata che come minimo è orfana e come massimo ramazza il pavimento tutto il giorno o parla con gli uccellini, suoi unici amici;

2) una matrigna stronza e magari anche due sorellastre;

3) un principe azzurro ( quello che ha rovinato il rapporto di tutte noi con l' altro sesso - anche se non escluderei il ruolo fondamentale che hanno avuto abel, arthur e terence nel mio approciarmi con gli uomini, visto che nei cartoni animati che guardavo io trombavano tutti, anche tra fratelli ... ).


Comunque, chi meglio di Biancaneve e Cenerentola può racchiudere tutte queste belle caratteristiche? Per questo mia madre racconta queste favole a Francesco dalle 10 alle 20 volte al giorno. E a queste si aggiungono altri 2/3 turni miei prima di andare a dormire.


Questa mattina in bagno Francesco dice di volermi raccontare la storia di Cenerentola. Ecco la sua versione:


" Teneeeentoa è bea; tira tutto i dionno, puissse, ava. Poi ha due toeaste, Anattadia e Benobessa. Cappa ne bocco e tova ua caetta dove ti tono due ettini di à, ei puissse puissse puissse poi aibao tanti nanetti che tono feici.

ei coe, coe, coe e pedde a cappetta di chittaoo. ma poi i pincipe ba in tutte e cae per teccae Teneeeentoa ma tutte hanno i piedone goooooso goooooso.

bangia a mea e domme. i pincipe attuoooo a bacia e ti bbeia."

Traduzione: "Cenerentola è bella, stira tutto il giorno, pulisce, lava. Poi ha due sorellastre, Anastasia e Genoveffa. Scappa nel bosco e trova una casetta dove ci sono due lettini di là, lei pulisce pulisce pulisce, poi arrivano tanti nanetti che sono felici.

Lei corre, corre, corre e perde la scarpetta di cristallo. Ma poi il principe va in tutte le case per cercare Cenerentola ma tutte hanno il piedone grosso grosso.

Mangia una mela e dorme. Il principe azzurro la bacia e si sveglia."


mmmmmmh, mi sa che ha fatto un po' di casino ( o "casinotto", come direbbe la mia zia Micheline, che tanto so che mi legge ... ).
p.s. Ah, questa favola inventata da Francesco è per la dolce LUNA .




giovedì 19 marzo 2009

lo so


Lo so che mi stai guardando, lo so. E magari scuoti la testa.

Questa tua figlia ti fa disperare, eh? Ma lei sta ancora aspettando un tuo cenno, un segno che le indichi la strada da percorrere, il bivio da inforcare.

Che ne so, un uccellino che mi faccia la cacca in testa proprio mentre passo sotto quell'albero, un fulmine che mi eviti per 5 fottuti centimetri, un bambino lentigginoso che assomiglia a te nelle foto di famiglia che mi venda i fiori ... ok, ok, non vivo in un film purtroppo e forse sarebbe meglio una bella e grande freccia al neon, proprio all' inizio della strada che dovrei prendere. Così va meglio?

Papà ecchecavolo, questo me lo devi ... fatti aiutare da qualcuno, non m' interessa, chiama Frate Indovino, la Sibilla, Nostradamus, fatti dire dove caspita devo andare per non farmi ancora male ... ( beh, se riuscissi a rimandarmi sulla Terra Paul Newman con una mappa in mano mi accontenterei comunque ).

Vabbè, papà, sto qui e aspetto. E intanto cresco mio figlio.

Ah ... auguri papà, ovunque tu sia. E quando hai voglia, ti prego, sposta quei rami , così ci riabbracciamo un pochino ...






lunedì 16 marzo 2009

mi voglio elevare ( e anche tirarmela )

"I imagine one of the reasons people cling to their hates so stubbornly is because they sense, one hate is gone ... they will be forced to deal with pain."



"Immagino che uno dei motivi per cui le persone si aggrappano al loro odio in modo così ostinato, è perchè sanno che una volta scomparso quello, saranno costrette ad avere a che fare con il dolore." James Arthur Baldwin




Forse questa è la spiegazione di tutto. Che poi sapevo già. Ma a me la cattiveria fa male, non la concepisco. E non la voglio concepire, non lo farò mai, nemmeno se è dettata dalla paura di soffrire, di soffrire ancora. Cazzo, mi dispiace se qualcuno ha sofferto per colpa mia e lo so che è successo. Molto probabilmente succederà ancora, come quasi sicuramente anche io soffrirò a causa di qualcuno. Ma quando avverrà non permetterò più al mio cuore di contrarsi e alla mia schiena di piegarsi di fronte alla cattiveria. La prossima volta imporrò a me stessa di lasciarsi sorprendere e travolgere solo dall' intelligenza, non dalla cattiveria e dall' odio. Questi sentimenti non meritano la mia attenzione, non più. Mi voglio elevare e starmene su un gradino più alto a tirarmela, non più a piangere. A guardare sotto chi scivola cercando di rimanere attaccato all' odio, forse per non affrontare il dolore, forse per non riconoscere la gioia.




Sì, sì, io e Francesco vogliamo proprio tirarcela. Siamo così annoiati da chi si vuole a tutti i costi aggrappare all' odio quando nella vita ci sono tante cose belle ... eh ... !






mercoledì 11 marzo 2009

zombi e attimi fuggenti

Basta poco per prendere lo spunto per fermarsi sul ciglio della strada a pensare.

In questo caso mi è bastata un' e-mail, uno scambio di considerazioni con un amico per bloccarmi e riflettere. Non che non lo faccia mai, anzi, purtroppo lo faccio troppo spesso e la mia mente è sempre colma di pensieri e paranoie fino al limite - sempre che ce l' abbia un limite la mia testa svolazzante.

Ma questa volta mi è stata detta una frase sulla quale non potevo non soffermarmi: "Quando mi guardo intorno vedo poche persone che "vivono" e tantissimi zombi".

Cazzoèvero. Ma nessuno ha visto "l' attimo fuggente"? Nessuno si è fatto rapire dal professor Keating che diceva: " Carpe Diem. Cogliete l'attimo, ragazzi. Rendete straordinarie le vostre vite". RENDETE STRAORDINARIE LE VOSTRE VITE.

Quante persone realmente vivono la loro vita e quante hanno provato a renderla straordinaria ma senza successo? Quanta gente seduta in metropolitana con lo sguardo assente è veramente felice? E cosa cavolo ci vuole per esserlo?

Io posso dire di averci provato, ma non me ne frega niente che mi venga riconosciuto questo. Quello che mi interessa è che posso urlare al mondo a testa alta che sì, è vero, sono stata additata, giudicata, contestata, offesa, ma ho fatto qualcosa per cambiare una vita che a me non andava più giù e una me stessa che aveva smesso di piacermi. Una vita in cui stavo semplicemente sopravvivendo cercando di rimanere a galla perchè l' acqua mi arrivava alla gola e facevo fatica a respirare.

Io posso urlare al mondo a testa alta che sto vivendo.

E posso guardare fiera il mio bambino che per la prima volta ha disegnato un sole. Non più solo linee rette e incomprensibili, ma un cerchio. Un cerchio che può essere un sole, sì, ma anche un anello che racchiude le nostre vite.




lunedì 9 marzo 2009

Giovannino


Giovannino è l' amico immaginario di Francesco. Con lui va a lavorare, corre in moto e va contro le vetrine, aggiusta caldaie. Insomma, ha un gran da fare, sta sempre insieme a lui, ma nessuno ne conosce le sembianze.
Per meglio dire, questo accadeva fino a venerdì sera. Eh sì, perchè da quel momento Giovannino è stato identificato e ha un volto. E che volto!
A volte i bambini sono proprio buffi. Chi l' avrebbe mai detto che Francesco avrebbe riconosciuto il suo mitico amico in un uomo di mezza età che fa di tutto tranne che andare in moto ( soprattutto a spaccare le vetrine dei negozi ... ) e aggiustare caldaie ...
Tra l' altro ha una bellissima moglie e una famiglia meravigliosa di cui occuparsi.
Ma tutto questo non è affar nostro, l' importante è che ora sappiamo chi sia. D' ora in poi Giovannino sarà lui.
Ma non temete supporters di mio figlio, lui non vi abbandonerà mai. Anche venerdì sera, nonostante Giovannino fosse lì presente, Francesco lo ha snobbato tutta sera per stare in compagnia del gentil sesso, e, sopattutto, della sua adorata morosa ...
Aridaje con 'sta morosa ...


da sinistra nella foto: Francesco, Veronica ( la sua morosa ), Caterina.

mercoledì 4 marzo 2009

il mio piccolo principe

Ditemi ... cosa c' è di più bello di questa immagine? Di un piede a palla, un pigiama con le papere, le lenzuola di cotone bianco, un ciuccio ormai usurato e il più bel libro che si sia mai scritto ... ditemelo, perchè non riesco a trovarlo.


Se poi il piede appartiene al MIO piccolo principe che mi chiama principessa ( ehm, un po' forzata la cosa, lo ammetto ... ), allora proprio ci rinuncio. Di più bello non c' è nulla al mondo.

p.s. Ancora la prima figura del libro ti sembra un cappello. Vedrai che tra poco riuscirai a vederci un serpente che ha ingoiato un grosso elefante ... sai, noi grandi abbiamo perso la capacità di guardare dentro all' anima delle cose e, come dice il piccolo principe, ci siamo dimenticati che una volta siamo stati bambini anche noi ...










martedì 3 marzo 2009

l' anima di una madre



Domenica sono andata in libreria - dove credo spenderei milioni di € al giorno, se solo potessi - a cercare un libro da regalare ad un' amica che mi ha invitata a pranzo.


Già mentre stavo arrivando in macchina, pensavo che il libro più adatto da regalarle in questo difficile momento della sua vita, sarebbe stato quello che Sean Ferrer ha scritto su sua madre Audrey Hepburn . Io me lo sono gustata in italiano e in inglese e lo trovo uno dei più emozionanti omaggi che un figlio abbia fatto ad una madre. Non solo, dopo aver letto decine di libri che parlano di lei e della sua vita, credo che questo sia il primo che l' abbia realmente descritta intimamente.


Non a caso si intitola: "Audrey Hepburn: un' anima elegante". Che bello essere definita così, soprattutto da un figlio; sopattutto da un figlio che ha visto i propri genitori allontanarsi. Ma non da lui.
Ecco, questo è quello che vorrei: che mio figlio continuasse nel tempo a vedere la mia anima, e solo quella, che sia elegante o no. Secondo me se dovesse definirla darebbe questo aggettivo: delicata, in tutti i sensi. Che poi è quasi sinonimo di elegante, o no??? Beh, lasciatemelo credere ...