mercoledì 28 luglio 2010

Ma noi ... siamo le scarpe che mettiamo???

E' difficile che io non guardi le scarpe delle persone che incrocio o che mi stanno accanto. Mi piace partire da lì per immaginare le loro vite. Sono normale? No.
Al mattino, sulla banchina della stazione, osservo i piedi delle tante persone che, come me, aspettano. E, ovviamente, mi soffermo su quelli femminili. Ultimamente ho notato che su una cinquantina di paia di scarpe, metà di queste sono simili tra loro: da una parte le zeppe; dall' altra i sandali "da schiava" ( alcuni chiusi tipo mezzo stivale ).
E allora mi chiedo ( sempre perchè non son normale e mi faccio le pippe mentali anche per gli altri ): è possibile che ci sia un gusto così comune in un accessorio che può avere mille risvolti?
Le storie che mi vengono in mente partendo dalle scarpe di queste persone son tutte uguali. Non riesco ad essere così fantasiosa partendo sempre dallo stesso materiale.
E guardando le vetrine dei negozi vedo più o meno gli stessi modelli. Li evito. Io sì, li evito perchè da sempre sono stata un po' fuori dagli schemi. Ultimamente, per esempio, mi piace indossare dei pantaloni a sigaretta e delle t-shirt molto basiche. Più vedo il luccichìo delle pailettes in vetrina, più vado in direzione opposta. ( Come quando andavo al bowling a diciassette anni e mi mettevo le calze blu elettrico e tutti mi guardavano. Poi sono andate di moda e io ho smesso di mettere le calze. Anche con meno venti, in inverno, io non indosso calze. )
E per farlo scelgo canali alternativi. Sbircio in rete, sulle bancarelle vintage, compro scarpe indiane di vernice coloratissima.
E su quella banchina al mattino mi sento gli occhi puntati addosso. Però almeno io sono io. E le mie scarpe lo dicono.

foto: scarpe acquistate quando avevo diciott' anni ( 1995 ), al mercatino di P.le Lagosta, a Milano. Le avevo pagate 8,000 lire. 8,000 lire spese molto bene ( anche se dopo aver scattato la foto ho notato che si sono leggermente rovinate - dopo soli 15 anni. le porto subito in clinica ).

lunedì 26 luglio 2010

Stylish motorbike ( and stylish flowers )

Già ho la gamba in condizioni penose e le pedaline della moto sono a livello del bacino, praticamente. Poi mi viene dato un casco di tre misure più grandi ( che poi io trovo il casco in generale così poco donante, figurati non della misura giusta ). Metti pure che ieri mattina alle 10 c' erano 18 gradi - e uno dovrebbe godere di questo. Uno sì. Ma una che si è messa una canottierina di cotone e una gonna di seta e, commossa dallo sguardo tenero del Moschettiere, è salita sulla di lui moto vagando per due ore su è giù per le colline, no. No, una così non può godere. Nonostante le proteste - brevi e lecite - del Moschettiere quando ha visto il mio "look da moto", io non ho ceduto ( perchè lo faccio, ogni tanto??? Sì, direi di sì. ).
La seta era fresca ( sì, ok, stavo già congelando, ma fa niente ), la gonna mi ha permesso di colorarmi le gambe ( rischio abbronzatura a righe a parte ) e avrei potuto anche abbronzarmi braccia e spalle se non avessi dovuto tenere il casco fermo per evitare di strozzarmi con il cinturino. Per non farvi mancare nulla, non ometterei il mal di culo di oggi che, accompagnato dal solito fisso, crudele, insistente dolore alla gamba, mi regala un' andatura che posso solo farvi immaginare, perchè a descriverla mi vien da ridere.
Mi sembra ovvio che io non possa che sconsigliare vivamente a qualsiasi donna di avvicinarsi anche solo momentaneamente ad una moto e, se proprio proprio una lo deve fare - come me - almeno che lo faccia con stile. Sì, lo so, l' impresa è ardua. Ma basta seguire qualche piccola indicazione, che mi permetto umilmente di dare:
  • Se dovete sedervi su una moto da strada e la velocità prevista è alta, allora sarete costrette ad indossare quegli orribili abiti da vero motociclista. Non vi invidio per niente. Ma ecco, scegliete la tuta, non gli spezzati. Perchè "giubbino + orribili pantaloni da moto" è un look inguardabile;
  • Legatevi i capelli - meglio con una treccia - in modo che, arrivate a destinazione, non abbiate le sembianze della Maga Magò, una volta tolto l' aggeggio infernale ( ovvero, il casco );
  • Non truccatevi ( e quello si dovrebbe far poco in generale ), per evitare brutte lacrime nere sulle guance, dato che il numero degli elefanti che piombano negli occhi regolarmente è abbastanza elevato ( anche se avete la visiera qualcosa arriva sempre );
  • Chiedete di avere il casco più sobrio e anonimo del mondo. Meno si nota - quel brutto coso - meglio è;
  • Non accettate MAI di portare lo zainetto da motociclista ( e questa regola è MOLTO importante ). Piuttosto non portatevi NULLA o obbligate il guidatore a fissare una borsa da moto che possa contenere la VOSTRA borsa. Fate quello che volete, ma non mettetevi quel brutto zaino sulle spalle. Chanel a parte ( meglio se vintage ), non indossate zainetti in generale. Quelli da moto, poi, sono da evitare come la peste bubbonica.
  • Ultima regola, ma fondamentale: Se vedete un bel fiore o una pianta interessante, chiedete gentilmente una pausa. Un fiore fa sempre stare meglio. ( Ieri mattina io mi sono goduta i cespugli di capperi fioriti sulle mura del castello di Gabiano . E mi sono rincuorata subito***)

Vado. Che con la mia andatura posso impiegare anche 20 minuti per andare da G. a scroccare una Fanta.





*** I cespugli di capperi crescono senza particolari cure tra le fessure dei muri di mattoni. Bevono assorbendone l' umidità e maturano con il sole e il calore accumulato. I fiori sono una meraviglia. Si dice che si debba mettere un po' di terra tra i mattoni di un vecchio muro e soffiarci i semi di cappero, lasciandoli "atterrare" a caso. Poi non servono cure. Solo amore ( ma questo anche con tutti gli altri fiori ).

martedì 20 luglio 2010

siamo una grande famiglia allargata. con delle belle scarpe, anche. ( quando le mettiamo )

Abbiamo tanto spazio. Ma stiamo sempre tutti vicini vicini.

Quando soffiamo sulle candeline della torta di compleanno, dobbiamo scendere dalla sedia e dare un bacio a Tosca, perchè ci lasci continuare.

Quando mangiamo, lo facciamo tutti contemporaneamente ( umani e animali ). E i nostri ospiti turchi seguono i ritmi della famiglia.

In realtà c' è sempre qualcuno che mangia, quindi il nostro sincronismo non vale molto.


Quando cerchiamo di scattare una foto, dobbiamo sempre mettere in preventivo l' inclusione di un elemento esterno.
E quando formiamo una fila indiana, non ci sono mai due soli partecipanti.

Nei giorni scorsi Francesco è partito per il mare e io sto facendo riposare la mia povera gambetta ( la sera, al ritorno dallo showroom ... ), mentre leggo in veranda "The Shoe Princess's guide to the galaxy" ( l' unica al mondo - credo - che può leggere contemporaneamente questo libro e l' autobiografia del Mahatma - Ghandi, nda - ) e penso a quali diamine di scarpe potrei indossare per non forzarla troppo e preservare quel briciolo di femminilità che ancora fa capolino e che non vuole saperne di abbandonarmi.
E per fortuna, cara. Cara la mia femminilità. Se non ci fossi tu sarei già perduta nel limbo della scarpa anonima.
Un mondo di cui non voglio entrare a far parte, nemmeno quando vado a bagnare l' orto, a raccoglier fiori nei prati, a prendere le uova dalle nostre galline.
( mi dispiace non averle fotografate, ma loro sono molto, molto riservate )

nelle foto, dall' alto:

Francesco il giorno del suo 4° compleanno, con Tosca, Oro e Argento.

Nuket & Timur ( i nostri amici turchi ) nella nostra cucina con Francesco

Twenty Millions ( il nostro cavallo ) che pascola & Peonia e Ortensia ( le nostre pecore ) in "casa". Nella foto di destra, Nella con i suoi cuccioli.

Io, il Moschettiere e Tosca

Dal primo: ilo Moschettiere, Peonia, Ortensia, Francesco.

giovedì 15 luglio 2010

"Indossa un paio di tacchi alti e verrai operata ad una gamba" ( no, Manolo Blahnik non è impazzito tutto d' un colpo )

Ho difeso i miei tacchi come se fossero stati figli miei mentre l' ortopedico-dalla-battuta-facile scrutava le mie risonanze magnetiche e allungava di tanto in tanto lo sguardo con l' espressione di chi non crede ad una parola di quello che dici e che sa benissimo che ti stai arrampicando sui vetri.

La seconda domanda - subito dopo aver chiesto, come sempre: "com' è successo?" e avermi messo in imbarazzo per l' ennesima volta ( perchè non è possibile rompersi chiudendosi la gamba tra cancello e macchina ) - è stata: "dove lavora?". Da qui è stato praticamente scontato che io usassi i tacchi per stare in showroom.

Questo, nonostante mi fossi presentata alla visita con dei sandali piatti in suède gialli e azzurri - parte di una vecchia divisa Loro Piana e abbandonati nell' armadio delle scarpe da quel dì. Io di fare la fintona proprio non son capace.

Comunque, il simpatico dottore, dopo avermi fatto il disegnino della pedana che dovrei usare un' ora al giorno per la riabilitazione ( ma ha capito o no che parto al mattino alle 6 del mattino e torno alle 8 di sera in questo periodo e che ho un bambino di 4 anni che non appena vedrà la suddetta pedana vorrà usarla come base di lancio per i salti con il monopattino??? ), mi ha informato che la mia caviglia comincerà a migliorare tra un paio di mesi e che guarirà tra sei. Olé.

Sempre tra una battuta e l' altra sui miei tacchi, mi ha anche gentilmente informata che dovrà rompermi un osso, riattaccarmelo nel posto dove dovrebbe essere e inchiodarmelo con una vite ( corredando il tutto con un simpatico disegno a penna sulla gamba ). Ora. Io non ho paura dell' operazione, perchè non sarebbe la prima e perchè ormai mi sono rotta praticamente tutto. Ma caxxo, IO sono sempre stata l' artefice delle mie fratture! Nessun altro mi ha mai rotto niente ( a parte la mia macchina, il cancello di casa, il pavé di Via Turati a Milano, il pavimento di casa, la porta d' entrata della scuola , quella di un college di Londra ).

Alla luce di tutto questo, visto che finché non sarò operata non potrò camminare molto ( dopo, poi ... ), ho deciso di farlo con stile. Pochi passi, ma fatti bene. Per questo, cari miei tacchi, sappiate che non vi abbandonerò ( tranne quando dovrò andare alla visita periodica dal simpatico ortopedico-dalla-battuta-facile, ovviamente ).

frase originale del mitico Manolo, qui .

giovedì 8 luglio 2010

di chiacchierate sui marciapiedi degli showroom

Oggi, fuori dallo showroom, ho beccato il mio amico Ste, che lavora da Paul Smith ( che nella nostra via son tutti showroom tamarri, tranne i nostri due. E menomale, così è più divertente ).
Ste è un gran buon partito: bello, buono, intelligente, sognatore ( che nella mia mente deformata vale forse più di tutte le precedenti. No, vabbè, più di tutte no. Però vale tanto. ), simpatico e anche positivo.
Ultimamente mi becca sempre che sono incazzata barra scazzata. Ma da dire a mia discolpa c' è che quel cavolo di blackberry non mi permette di stare serena. Alle 6 del mattino, quando mi alzo, la lucina rossa lampeggia inesorabile. A volte ci sono cose belle. Altre volte cose che mi fanno infuriare. E anzichè aspettare di arrivare in ufficio, aprire la posta elettronica, scorrere le varie emails, trovare quella che mi fa incazzare e incazzarmi di conseguenza, già alle 6 del mattino, io arrivo all' ultimo passaggio con un clic. Potrei rimanere ignara e beata per un paio d' ore - leggere il mio libro o giocare al brick-breaker sul treno - e rimandare l' incazzatura a quando il risveglio è già avvenuto ( ?!? ) da un po' e il respiro si è sintonizzato con il resto del mondo ( almeno, il mio ). Invece no.
Vabbè. Io e lo Ste - anche oggi - abbiamo chiacchierato delle nostre disgrazie ex-matrimoniali o similari. Lui mi guardava pacifico dicendomi che lui ormai non s' incazza più con la sua ex, che nella vita bisogna avere pensieri positivi, che non ne vale la pena, che la vita è bella. Ora. Io lo dico sempre, che è una questione di DNA, perchè anche il Moschettiere mi fa questi discorsi e perchè si sa che l' uomo vede la vita con gli occhiali lavati con la cera dei pavimenti - che fa scivolare tutto.
Però quando sono rientrata in showroom, avrei voluto fissare un punto nel muro e sbatterci la testa, anche con la rincorsa, magari. No, perchè io ho sposato l' unico uomo che si fa scivolare tutto - ma tutto tutto tutto - di dosso, ma che si fa aiutare da qualcun altro a rimanere attaccato con le unghie ai vetri. Non mi bastava lui, no. Ora c' ha pure l' aiutante. Veramente ce l' ha da un bel po', ma ora l' aiutante sta prendendo il sopravvento.
E io, che fino a poco tempo fa avrei risposto a certe provocazioni con le unghie, ora non son più capace di schiacciare quel cavolo di tasto "invia" e godere delle cattiverie che ho scritto. E questo è grave. Non è da me. Ora aspetto tranquilla che me lo si metta nuovamente in quel posto ( Sì, perchè sto diventando riflessiva, mica scema. Eh. ). Ma anche in quel caso sarò stoica, e resisterò intrepida finché verrà l' ora in cui potrò liberarmi da questa donna che si è impossessata di me. Perchè si può, vero? Cioè, voglio capire se un giorno tornerò ad essere quella di prima. Un' istintiva, rabbiosa, sadica risponditrice di email bastarde. La mia specialità erano quelle donna/donna.
Sì, perchè c' è più gusto ... quelli là si fan scivolare tutto, hanno pensieri positivi. Che palle.
Beh. Le cose son due: o sto diventando un uomo - e Dio me ne scampi - o la mia psicologa aveva ragione. E non ci ha messo neanche tanto a farmi diventare così. Peccato che io voglia tornare quella di prima: un' istintiva, rabbiosa, sadica risponditrice di email bastarde.

mercoledì 7 luglio 2010

Ehi, Francesco ... auguri!!!

Mi dispiace essere arrivata tardi ieri sera dal lavoro e aver passato un' ora al telefono con tuo padre a discutere di una questione di principio. Mi dispiace dover constatare ancora una volta che non per tutti esistono la pietà, la solidarietà, il valore, l' incontro.
Mi dispiace per tutto questo, anche se tu sei un bambino sereno e ieri sera hai giocato felice con le bolle di sapone sul terrazzo, mentre io impacchettavo i tuoi regali e ti spiavo dai vetri del salone. Piangendo.
Mi dispiace essere scappata questa mattina alle 6 del mattino per prendere il treno. Avrei dato non so cosa per poter rimanere con te e vedere la tua meraviglia.
La carta dei regali ha delle piegoline lasciate dalle mie lacrime, che ormai si sono asciugate. Tu non te ne accorgerai. E questo è quello che conta.
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Ehi, Francesco ... auguri.
E W noi due che abbiamo i piedi uguali uguali. E passiamo la sera sul letto a fotografarceli, tra una lettura e l' altra.
W noi due che, in questi 4 anni, lo so, abbiamo capito che di simile non abbiamo solo i piedi.
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Che questi tuoi piedi ti portino solo dove vuoi tu, come i miei hanno portato me.
Che ti portino dove c' è la poesia, la natura, il contatto con l' Uomo, con la vita. Che ti guidino verso la scoperta e il sapere ( tu, che insieme alla casa dei Gormiti e la mietitrebbia, hai chiesto un libro per il tuo compleanno ) e quel sacrosanto diritto che tutti noi abbiamo di essere felici.



venerdì 2 luglio 2010

col passare degli anni

Col passare degli anni ho imparato a non sperare più di trovare qualcuno che mi aspetti sulla banchina, quando arrivo con il treno. Ma non riesco ancora a non desiderare che qualcuno mi stia aspettando fuori dalla stazione.

Col passare degli anni ho imparato a far buon viso a cattivo gioco ( o meglio, a farmi venire la faccia di culo ), anche se ho davanti il cliente più stronzo di tutte le Russie. Ma ogni tanto devo alzarmi dal tavolo con una scusa perchè sento che il vaffanculo sta per uscire ( e perchè devo andare in bagno a fare della ginnastica facciale per smorzare un po' il sorriso di plastica che mi è venuto ).

Col passare degli anni ho imparato a diffidare delle persone. Peccato che cominci a farlo solo dopo. Dopo che me lo sono già preso in quel posto ( in questo caso si può usare ancora il termine "diffidare"??? ).

Col passare degli anni ho capito qualcosa in fatto di uomini ( ?!? ), ma non mi spiego ancora perchè tutti - ma tutti tutti - quando hanno dei casini sentono il bisogno di scappare e vagare in moto per liberare la mente. Sì, beh, io non posso dire molto, visto che quando devo svuotarmi il cervello ho due alternative: a) sedermi sulla collina e piangere per due barra tre ore di seguito b) potare le piante con cesoie ben affilate ( la dottoressa mi ha detto che è normale ).

Col passare degli anni non ho ancora capito perchè per dire che sono incazzata uso duemila parole, quando potrei usarne solo due.

Che poi ... chissenefrega? Tra poco rivedo il mio Francesco, e andiamo insieme in treno verso la campagna.