mercoledì 27 novembre 2013

Un'occasione per indossare la storia (Paola Frani Heritage, Save the date)

Mi piace vestire le donne. Lo faccio con passione, aprendo il loro armadio come se fosse il mio.
E la stessa cosa vale per gli archivi, quelli in cui, passando in rassegna capo per capo, trovo la storia. Immagino l'inizio, le prime idee, la spinta iniziale che fa buttar giù schizzi di modelli, l'elaborazione delle collezioni, stagione dopo stagione, anno dopo anno. 
La creazione di un mondo unico.

Quando mi hanno chiesto di estrapolare una Capsule Collection dall'archivio di Paola Frani è stato così: ho "sfogliato" i capi come se fossero pagine di un libro di storia e ho abbracciato questo progetto pensando alle donne che avrebbero indossato il passato di questo pezzo di storia del costume italiano.
Ne è nata una collezione che parla dei tessuti rappresentativi del marchio Paola Frani, jersey e guaine da portare in outfit casual o da indossare la sera, per sdrammatizzare capi più ricercati. Che poi, in effetti, da Paola Frani anche il jersey è ricercato.
Pantaloni 5 tasche in colori autunnali -ocra, verde bosco- giacche da avvitarsi addosso per sentirsi femminili, capi in guaina che sottolineano le forme, quelle forme che ogni donna deve accompagnare con un abito e non nascondere. 
Questo e molto altro è la collezione Paola Frani Heritage, che sarà disponibile il 29 e il 30 Novembre nel negozio Paola Frani di Viale Pasubio 3, a Milano. 
Io sarò lì per suggerirvi le forme, i colori, i tessuti che più vi stanno meglio. Per aiutarvi a sentirvi bene in quello che indossate. Per sentirvi, come dico sempre, più belle di quanto siate già.

Non mancate, vi aspetto a braccia aperte.

p.s.  Del progetto fanno parte persone speciali. Sono la testa, il cuore, le mani di questa e mille altre avventure.
Le trovate qui e qui.


lunedì 11 novembre 2013

Occhi che ridono

Oggi c'è vento ma non si vede nemmeno una nuvola. È uno di quei giorni in cui si sente quasi il profumo dell'aria pulita.

Sabato pomeriggio è arrivato Turbo, un pointer magrissimo e sofferente che abbiamo preso nella pensione in cui era finito dopo che il suo padrone -cacciatore- lo aveva maltrattato.
Si vedono tutte le ossa e non riesce a sedersi, ma è bravissimo, soprattutto a fare l'ombra del Moschettiere e il cane da riporto con i bambini.
Tosca ha un po' paura di Turbo e non si capisce perché. 

Francesco è felice. 
È felice, gli ridono gli occhi. 
Dai, cosa c'è di più bello di un bambino a cui ridono gli occhi?

In questi giorni sto raccogliendo le foglie cadute per metterle nei sacchi e farne concime. 
È un lavoro rilassante, a parte quando le galline si mettono in mezzo e bisogna cacciarle correndo. 
Con Francesco e i suoi amici aspetto che il sacco sia pieno di foglie per sedermici sopra e vedere se scoppia. 
In effetti, la maggior parte delle volte succede e si deve rifare il lavoro.
A noi, però, non interessa, almeno ci siamo fatti una risata.

P.s. Che poi noi siamo bravi a farci delle risate (e ad inventare cose, queste cose)



venerdì 1 novembre 2013

Il bosco, oggi.

Non scrivo qui da diversi giorni. In realtà, negli ultimi mesi sto scrivendo pochissimo e di questo mi dispiace molto. Questo diario non è diventato meno importante di altri spazi, anzi, proprio perché lo considero una "scatola" in cui riporre le emozioni, le parole, i fatti che scorrono nella mia vita, vorrei riuscire a buttarli dentro tutti, magari in ordine, ben riposti. E' che arrivano in fretta e io li vivo intensamente, come ho sempre fatto, senza però fermarmi un attimo e fermarli nella memoria anche attraverso questo mezzo.

Questa mattina, invece, mi sono seduta in veranda e ho chiuso gli occhi. Mi sono fermata. 
Mi è venuto in mente quando ero piccola e tornavo dal mare guardando fuori dal finestrino della macchina e fremendo per arrivare a casa. C'erano tanti pioppeti - io amo i pioppeti, anche se per molti amanti del verde non sono granché. Quando vedevo i pioppeti, insomma, io sapevo che non mancava molto all'arrivo. E poi ritrovavo la mia cameretta e mentre papà scaricava la macchina, mamma iniziava a mettere su la pentola con l'acqua per cucinare una pasta. Era sempre l'ora di pranzo quando rientravamo dalle vacanze.
E avevo sempre la schiena bruciata, perché non mi stendevo mai al sole, giocavo giocavo giocavo sulla sabbia.

Abbiamo spostato la rete di confine del nostro terreno. Adesso un pezzo di bosco è incluso nel giardino e io ogni tanto vado a passeggiare lì, anche se è da sistemare -e ci vorrà del tempo- ma non mi disturba saltare le radici che sono ancora da togliere o farmi strada tra i rami secchi da bruciare. Le piante mi danno respiro. Le piante mi fanno vivere e so che questo l'ho ereditato da mio padre. 
Lui che si affannava a sistemare il giardino della casa al lago e insisteva perché andassi con lui a fare un giro al giardino botanico, al mare. 
Io che adesso pagherei per essere lì, seduta insieme a lui sul bordo di quel piccolo laghetto accanto alla fontana che mi ha suggerito il nome di mio figlio.
E' solo che da sedici anni non posso più farlo con lui che oggi, in questo giorno di sole in cui il bosco è meraviglioso, mi manca da impazzire.