martedì 23 dicembre 2014

Un bambino che crede ancora in Babbo Natale (Tra le sue rose, che hanno un po' di freddo)


Negli ultimi giorni ci sono state mattine ghiacciate. E il giardino era ancora più bello. 
Nonostante sia la fine di dicembre, sono riuscita a trovare tanti piccoli tesori, cosa che gli anni scorsi non era stata possibile, per via della neve (che è comunque prevista tra pochi giorni).
Dalle colline vediamo mari di nebbia e rive verdi, costellate di canneti gialli.
Flora guarda dalla finestra, mentre Turbo ancora cerca qualcosa scavando nella terra dura e Tosca si sdraia sull'erba come se fosse estate.

Rosa "Astronomia", con stami rosa, una di quelle personali di Francesco

Sembra che Francesco creda ancora in Babbo Natale ma non ho capito se lo fa per convenienza o se si tratta di fede pura. Ha finalmente scritto la sua lettera, che al momento è accomodata sotto uno dei miei vasi preferiti, con fiori secchi di ortensia.
Ne ho riempiti altri con rametti di agrifoglio e pyracantha e la tavola è bellissima in questi giorni.

I pacchetti sono pronti da giorni, i miei libri di giardinaggio sono catalogati, le piante riposano, Francesco suona il pianoforte. 
Oggi pomeriggio lo accompagno a Milano e, inutile dirlo, mi manca già. Ha quelle mani così grandi e rotonde che non riesco a resistere alla sua tenerezza.
 

martedì 9 dicembre 2014

Trentasette

Ieri è stato il mio compleanno. Trentasette non sono pochi e sono comunque abbastanza per aver capito come vivere di passioni e, soprattutto, come usarle per ricucirsi le ferite. 
Sono sempre stata decisamente determinata nel rincorrere i miei ideali e nel dimostrare le mie teorie; posso parlare per ore ed ore di un argomento che mi interessa e credo che le persone che mi circondano sappiano a memoria quali sono i miei gusti.
Non so se il dubbio di non essere ascoltata mi passerà mai, quel che è certo è che qualcuno quest'anno lo ha fatto e mi ha accontentato regalandomi oggetti e strumenti legati alla mia più grande passione. 

Sono finalmente riuscire a catalogare parte dei miei libri di giardinaggio e botanica suddividendoli in gruppi per poi sedermi lì davanti e ammirare il risultato ben esposto nella mia nuova libreria (che poi sarebbe un porta vasi da esterno).

Non ho soffiato sulle candeline, ma ho guardato quel biondo del mio bambino giocare un torneo di calcio. E ho letto piangendo il biglietto di una mia amica carissima che quest'anno ha compiuto sette anni.
Ho consegnato ai partecipanti della festa a sorpresa organizzata dal Moschettiere in mio onore (avvisandomi, però, in modo che non fossi troppo sorpresa :D) i loro regali di Natale e, Dio come mi piace farlo! A me piace proprio guardare gli altri quando scartano il mio regalo, cosa posso farci.

E a proposito di Natale, qui ho scritto qualche piccola idea su cosa regalare ad un bambino che sogna di diventare giardiniere. O alla sua mamma. O ad una madre come me, che sogna in "giardinese" anche per suo figlio.

mercoledì 19 novembre 2014

Luce orizzontale

Dopo tanta pioggia, è arrivata la nebbia, bassa e sinuosa come un serpente tra le colline, a mostrarci le Alpi innevate che sbucano da lontano. 
Quando non è molto spessa non riesce ad avvolgerci tutti e lascia intravedere il cielo blu. A volte esco in giardino e guardo la luce orizzontale di questi giorni; è quella che preferisco, è la stessa dei tardi pomeriggi d'estate, quella che non scalda troppo i colori e non li riempie con volgarità, come fa invece quella delle ore più calde. 
E poi, sembra che qualcuno abbia pettinato il prato e messo appositamente le ragnatele tra gli steli delle rose, con le loro bacche a fare da lampioncini. 
Tra le pagine che sto studiando (e gli infiniti impegni sportivi di Francesco), in questi giorni, infilo anche un po' di tempo per architettare ghirlande e decorazioni da appendere in casa. Odierei se diventasse troppo fredda. 
Uso le bacche dei miei cespugli e di quelli che trovo per le strade (quella che sale sulla collina, per esempio, contornata da gelsi e Euonymus, dalle bacche quasi fosforescenti che sembrano fiori).

Stavo pensando che è inutile fuggire dai nostri cambiamenti interiori. Avvengono anche se non si vogliono. Sfoglio le pagine del mio diario del giardino e capisco che con lui sono cresciuta, cambiata. E' cambiato il mio approccio ma anche il mio modo di abbinare le piante, pur rimanendo rigida sugli accostamenti di colore. 
Io che ho sempre snobbato le bacche ora vorrei che il mio giardino ne fosse pieno. Leggo sull'Ipad le riviste inglesi di giardinaggio a cui sono abbonata e mi mangio con gli occhi questi giardini imbiancati dalla brina che lasciano dominare l'arancio, il rosso e il rosa delle bacche.
Sogno di poter passeggiare nel mio, di giardino, con consapevolezza, ridendo degli errori del passato e ricordandomi di quando mi intestardivo su certi progetti (cioè, di adesso).

Le mie rose sono sempre più belle. Sono in totale ammirazione. 


mercoledì 5 novembre 2014

Rotonda come una mela (del nostro frutteto)

Anno dopo anno il frutteto ci regala soddisfazioni. Dopo il caldo, dopo quelle giornate in cui riesco a cercare solo ombra e continuo a rimandare i lavori da fare in giardino, arrivano le ore fresche dell'autunno. Da ormai due mesi abbiamo mele sui nostri alberi, a rotazione. Dal frutteto arrivano dritte dritte sulla nostra tavola e a me, sinceramente, riempiono gli occhi. 
Le mele sono uno di quei frutti che possono resistere per molto tempo, prima di essere mangiate. E poi arredano, completano, non so come spiegarlo, forse con: attotondano? :)

Nel nostro giardino ora ci sono mostri di mela e mangiatoie volanti, al servizio degli uccellini che sono là fuori. 
Tutto è tinto di rosso, la nebbia entra nelle anse delle colline, gli Acanthus si sono ambientati e Francesco torna a casa da scuola con la voglia di raccogliere frutti sugli alberi.




Turbo ha finalmente catturato qualcosa. Anzi, ha catturato l'animale più temibile del giardino, un lungo serpente che era in letargo e che era troppo intontito per difendersi dal nostro impavido cacciatore.

Gli stivali di gomma sono ormai i miei migliori alleati. Calpestano felici i pavimenti di foglie che si sono formati nel bosco, la terra delle nuove bordure, l'erba folta e robusta del giardino "vecchio".
Sta nascendo una siepe di rose. E io vorrei essere rotonda come una delle nostre mele, vorrei avere il potere di arrotondare le cose, renderle meno spigolose.
Sembrerò pazza, ma stavo pensando proprio a questo stamattina, mentre mi fermavo a guardare il panorama meraviglioso delle nostre colline.

martedì 21 ottobre 2014

I miei sogni, ora come allora.

Si dice che il giardinaggio sia più che una passione. È qualcosa che prende il tempo, la testa, le mani. E l'anima. Te la ruba e te la porta lontano, convincendoti che esistono luoghi fatti solo di fiori e colori, dove i boschi sono abitati da folletti e creature che hanno il volto di foglie e le braccia di rami.
Scrivevo oggi ad un'amica: "Chissà se un giorno diventerò cinica o anche solo pragmatica.
Non credo. Per il momento continuo a piantare rose e a portare mio figlio a suonare il pianoforte."

Sto dando la colpa di tutto questo al giardinaggio ma quando sono sincera con me stessa ammetto che ero così anche da piccola: sognavo prati e fiori. E quelle rare domeniche in cui andavamo a trovare i cugini di mio padre che abitavano vicino a Cremona tornavo a casa provando una profonda invidia per quei ragazzi che giocavano nel cortile polveroso di una cascina, lontano dal cemento.
E ancora, quando tornavamo dal mare, il mio momento preferito era quando in autostrada passavamo accanto ai pioppeti, che erano quasi casa ma una casa più bella.

Una bambina, qualche settimana fa, mi ha regalato una corona di foglie, che però assomiglia un po' ad un turbante.
Sono tornata a casa in macchina continuando ad indossarla e solo guardandomi nello specchio sopra al pianoforte mi sono resa conto di averla ancora. 
L'ho appoggiata ai libri che ormai abitano il piano di Francesco e mi è venuta in mente una festa
A volte mi sento fuori dal mondo, poi penso che menti molto più grandi ed esaltanti hanno fatto gli stessi sogni. E hanno fatto persino parlare dei folletti*


* W. Shakespeare, "Sogno di una notte di mezza estate"

lunedì 13 ottobre 2014

Temporali di ottobre

Quest'anno come non mai ho apprezzato l'acqua. Mentre tutti andavano in giro lamentandosi del mal tempo io pregavo per una goccia di pioggia in più.
In giardino da quest'estate ci sono molte novità e le nuove bordure avevano bisogno di molta pioggia. Per essere sincera, IO avevo bisogno di molta pioggia.
In realtà la nostra collina deve avere un microclima tutto speciale, visto che non ha piovuto così tanto come in altri posti molto vicini a noi, ma mi accontento. E ringrazio.

Oggi c'è il temporale. 
Io mi sono ritirata in cucina, osservo dalla porta a vetri il frutteto, là in alto, i meli che ancora hanno qualcosa da offrire. 
Ho creato delle ghirlande di mele da appendere ai rami dell'acero per aiutare gli uccellini ad affrontare l'inverno. Arricchiscono il giardino. E lo rendono un luogo accogliente per i suoi abitanti e per quelli che vengono a farci visita.
Mi godo il caldo della stufa che, insieme alla sua fiamma accesa, ha portato un po' di sporco e quel poco di lavoro in più per noi, come sempre accade in questo periodo di passaggio tra il caldo dell'estate e l'umido dell'autunno.

Mi sono abbonata a riviste inglesi di giardinaggio. Le sfoglio sull'Ipad prendendo appunti su piante, nuove cultivar, sistemi di irrigazione alternativi, modi per attirare sempre più insetti impollinatori (anche se ho già delle premure per loro nel mio giardino). 
Vedere come tutto stia prendendo forma, sotto ai miei occhi e nella fatica delle mie braccia mi fa venire i brividi: realizzare qualcosa, trasformare progetti che erano solo di carta, costruire il mondo verde che volevo, è questo che sto facendo.

Tosca sta tremando, lei prende sempre male l'arrivo dei temporali. Flora, da dietro il vetro della cucina calda, la guarda con aria sostenuta.
Verrà il tempo in cui queste due bellissime creature saranno amiche.

venerdì 10 ottobre 2014

Flora

E' una vera gatta di campagna. E questo ha reso immensamente felice il Moschettiere, che pensava di trovarsi di fronte una micia snob dallo sguardo impenetrabile. 
Si chiama Flora, che è il nome che avrei voluto io, ma ha il soprannome di "lavandino", che non è altrettanto raffinato ma le si addice in quanto gran mangiatrice di qualsiasi cosa di commestibile.
Fa la dura con Tosca, anche se una pesa 2 etti e l'altra 50 kg.
E' bianca e nera e ha il collare rosso. 
Si fa fare il bagno ma guai a chi accende il phon in sua presenza.
Purtroppo, sarà il nome, cosa pretendo, ama le mie piante e la terra dei loro vasi. La prossima cosa che mi sono segnata di fare è mettere una protezione e impedirle di rovistarci dentro. 
Per il resto è un classico gatto: fa gli agguati dietro gli angoli, ti si piazza sulle gambe mentre scrivi post al computer, dorme sulla sua sedia preferita o nella sua cesta, si fa le unghie sui tappeti, cattura topolini.
Insomma, Flora è finalmente con noi.



p.s. Sono sempre terribilmente in ritardo ma, giuro, ho delle buone scuse (che, ovviamente, combaciano con quelle di tutte le mamme che sono sempre indietro sulla tabella di marcia delle scadenze): credo che i post che scrivo sul canale "Piccolini" quest'anno siano i più interessanti tra tutti quelli pubblicati in questi anni. Qui trovate i link del mese di settembre, con idee per festeggiare la fine dell'estate (siete ancora in tempo!) e per decorare la casa come faccio io in questo periodo, utilizzando foglie e fiori.
p.p.s. Ovviamente, se non avete nemmeno un'ortensia, dovete procurarvela (ref: ultimo link). I suoi fiori sono decorazioni permanenti ;)

mercoledì 10 settembre 2014

Io che mi voglio così bene.

Il titolo è evidentemente una battuta. Già, perché è inutile continuare a dirlo (ma lo riscrivo, per sicurezza): se si nasce tondi non si muore quadrati. E io sono nata tonda, diciamo, perché la gente mi può girare intorno facendomi qualsiasi cosa e lasciare che tutto mi scivoli addosso (mentre all'interno del cerchio si aggroviglia tra i miei pensieri).
Spesso provo a guardarmi da fuori e vedo una persona che pensa sempre di dover arrivare per ultima, di aspettare perché le altre cose sono più importanti, di metterci tutta se stessa per far vedere che anche lei sa fare cose belle anche se pochi le capiscono. Perché tanto quello che fa lei non è così importante. 
Una persona che si rialza da terra. Ogni volta. Le viene fatto uno sgambetto e lei si rialza. Le viene tirata addosso una montagna di pietre e lei si rialza. Perde le speranze e lei si rialza. 
Si dispera ma lei si rialza.
E sfodera sempre il suo sorriso, non di circostanza, certo, perché lei si rialza pensando che là fuori c'è la vita, in quel giardino grande, grandissimo, mai finito.
Si chiama resilienza. La famosa resilienza, non pazienza. La resilienza grazie alla quale il giardiniere si rialza dopo un inverno troppo freddo che ha distrutto i suoi progetti, dopo un'estate troppo calda che lo ha fatto faticare da morire, dopo un seme portato via da una formica, dopo la grandine che ha distrutto il raccolto del frutteto.

Qualche volta mi siedo guardando le mie colline e mi chiedo: "Mi voglio così bene come ne voglio a mio figlio, ai miei fiori, agli alberi a cui sono riconoscente ogni giorno?"
La risposta è, evidentemente, nelle righe qui sopra. 

p.s. Il mio amore per i fiori viene espresso, come ogni mese, anche su altri siti. Mi piacerebbe riuscire a coinvolgervi tutti perché, vi assicuro, la passione per il verde non richiede solo energia. Sa regalare molto. Leggete qui e qui :)

mercoledì 6 agosto 2014

All'ombra

La campagna vendite è finita e grandi progetti sono pronti per il nostro giardino.
Pensavo di buttarmi a capofitto nei lavori e invece mi sto riposando un po'. E chi lo avrebbe mai detto: anche io so stare ferma.

I temporali che arrivano la sera mi fanno felice. Se non fosse per la violenza dei tuoni sopra la nostra testa, ne sarei addirittura entusiasta.
Dicono, però, che ci saranno giorni di bel tempo e questo per me significa del lavoro in più nelle nuove bordure che hanno bisogno di essere innaffiate. Pazienza, quello che decide la natura non si può contrastare.

Forse sto diventando troppo zen. O forse non lo si è mai troppo.
In effetti, però, in questi giorni sono molto meno rigida anche con Francesco, che ai miei "sì" risponde con espressioni meravigliate e un po' diffidenti.
A volte anche io, dopo avergli accordato qualcosa, giro l'angolo e sorrido sentendomi molto buona :)
E' vacanza anche per lui.
E sta crescendo, lo sta facendo con coraggio misto ad impegno e io non posso non considerare le sue piccole grandi esigenze.

Oggi abbiamo giocato a monopoli, all'ombra degli alberi. Turbo ci disturbava un po', in effetti, ma siamo stati lì per ore, su un asciugamano steso sull'erba tagliata la sera prima.
Intorno c'era solo il nostro verde. 
E le nostre rose.



p.s. A proposito di verde, qui e qui ci sono piccoli consigli per voi. Mi piacerebbe sapere se li avete seguiti. Davvero.

lunedì 7 luglio 2014

Francesco compie 8 anni

Oggi Francesco compie 8 anni.

Prima di nascere, verso le cinque del pomeriggio, aveva le lettere che sua madre gli aveva scritto a partire dal giorno in cui aveva fatto il test di gravidanza e aveva sentito un fiume in piena travolgerla. Quel giorno d'inverno in cui di solito ricordava la morte di suo padre. 
Prima di nascere, Francesco aveva i sogni che pulsavano nel cuore di sua madre e sentiva la vita, ne sono certa, e i viaggi in cui se l'era portato dietro, protetto dalla pancia. 
Prima di nascere, Francesco aveva capito che sua madre non sopportava le persone lente e pigre e quindi, rispettando le tradizioni di famiglia, non aveva perso un attimo. 
Prima di nascere Francesco aveva molti progetti e immagini confuse di come sarebbe stato affrontare la vita e amarla, spremerla, non sprecare un attimo, come sua madre gli aveva scritto in quelle lettere appese al soffito di legno della sua camera. 

Poi è nato, ha preso la vita e, con i suoi modi da gentiluomo, l'ha afferrata e ci ha insegnato che si può correre forte per poi fermarsi a leggere un libro nuovo, lanciare un supereroe dal muretto e poi raccogliere un fiore per la nonna, sognare di diventare un calciatore e poi aspettare di avere 8 anni per indossare i primi tacchetti da calcio, quelli desiderati da tanto, tantissimo tempo.

Grazie, Francesco. 

P.s. Oggi non ho parlato di fiori ma sapete che sono sempre nella mia vita. Qui e qui trovate quche consiglio per quest'estate. Per godervela circondati dal profumo, dalla luce e dal colore. 

lunedì 30 giugno 2014

Di solito

È stata una primavera molto istanbuliana. Siamo andati e tornati passando dalle meravigliose esplosioni dei tulipani alla fioritura delle rose che, onestamente, non riusciva ad eguagliare quella dei fiori che le hanno precedute. Forse perché i tulipani sono il simbolo della città e a casa loro sono più fieri che da altre parti, forse perché le rose sono più discrete ed è difficile per loro farsi spazio in una città così sfacciata. 


Siamo passati anche per il mare, alla fine di questa primavera. Per una settimana, gli abbiamo dato il privilegio di farci riposare e di prenderci una pausa dal tanto lavoro che abbiamo a casa tra giardino e animali.

Ora è iniziata la campagna vendite e per me inizia un periodo intenso, tra campagna e città, come tutti gli anni. 
Mi riesce sempre più difficile staccarmi da casa e dal giardino. 
Ho voglia di coccolare con i miei uomini. Ma anche di fare quello che di solito non faccio: prendermi delle pause.
Quando sono a casa non mi fermo mai. Prima di iniziare a seguire il ritmo incalzante delle giornate mi concedo solo una passeggiata senza troppa fretta che ha lo scopo di osservare le mie piante e capire se stanno bene. 
E ora che non posso prendermi nessuna pausa, mi manca anche quello spazio che non mi concedo di solito, la goduria di stare seduta senza fare niente per una mezz'ora, almeno, e prendermela con calma.
Si sa, però, che nella vita la cosa più complicata è far incontrare desideri e tempo.

Questa mattina ho chiamato a casa dalla stazione. Volevo salutare i miei uomini. Francesco parte per la montagna e mi ha liquidato come sempre in pochi secondi assicurandomi che si sarebbe coperto, che sarebbe stato attento e che mi avrebbe pensato almeno un pochino.

L'estate è così, insegna anche a lasciar andare. E ad avere pazienza. 

venerdì 23 maggio 2014

Tornando, pensando.

Lo so, scrivo sempre quando è in arrivo o in corso un temporale. E' che quando c'è il temporale, tranne qualche eccezione, non posso fare altro. 
E poi mi rilassa, insomma.

Sono appena tornata da Istanbul e ho trovato il giardino in mia attesa. Anche là le rose trionfavano, ma Istanbul è la città dei tulipani e non c'è paragone.
Mentre tornavo, pensavo alle tante volte in cui ci sono andata e ai tanti angoli che ancora mi sfuggono, mentre altri ormai mi accolgono come se abitassi lì sempre.
Pensavo anche che io a Istanbul vivrei, andrei a viverci domani, appena fuori, o in uno dei quartieri più verdi, dove potrei far crescere la Passiflora senza metterla in casa. Francesco ama Istanbul. Potremmo passare le domeniche mattina a Bebek, uno dei mie quartieri preferiti, a guardare le petroliere andare verso il Mar Nero. Tipo Pamuk. (Che noia Pamuk, comunque).
Pensavo, osservando le persone sull'aereo, esattamente come faccio in metropolitana a Milano, che è difficile viaggiare per lavoro, sempre. Tornare negli stessi posti senza conoscerli, prendere taxi e chiudersi in riunioni fiume. 
E poi pensavo che a casa c'era il mio bambino, abbracciato alla sua nonna che ormai è un po' vecchina e si stanca subito. Che lei mi aiuta sempre, borbottando, ma mi aiuta. 
Pensavo che avevo comprato delle belle scarpe, sì, ero soddisfatta. E mentre questi pensieri scorrevano nella mia testa, un bagliore: il mio trolley...ecco, il mio trolley dove diamine era?

Per la cronaca, il mio trolley era rimasto al duty free dell'aeroporto, da cui ero corsa verso il gate carica di giubbino e altre borse, saltellando sulle mie scarpe nuove, che erano -sono- esattamente del colore che volevo.
E mentre scrivevo questo post, ricevevo una telefonata dall'ufficio Lost and Found dell'aeroporto di Istanbul, che mi comunicava che avevano ritrovato il mio trolley e quindi anche la borsa, le due paia di scarpe e i vestiti che c'erano dentro.
E anche la maglietta del Galatasaray con la scritta "10 Sneijder" che voleva Francesco.

Il Moschettiere dice che ne era certo che l'avrebbero ritrovata. Io ero senza speranze, ovviamente. Che posso farci, mi ero già consolata con le scarpe nuove. E Francesco, dal canto suo, si era già rassegnato al fatto di avere una madre così, che corre come una ragazzina verso il gate, con le scarpe del colore perfetto.


p.s. Leggetemi anche qui e qui!

venerdì 9 maggio 2014

Riempire vasi di rose, sedersi a guardare il temporale

L'altra sera c'era il temporale. E io ero felice, non ho dovuto annaffiare le nuove bordure. E poi l'aria era magica, è arrivato nel momento in cui avevamo finito di lavorare fuori e quei pochi minuti di tregua fresca e profumata di inizio estate ci stava proprio.
Tosca aveva paura, Twenty galoppava. Lui era felice, ne sono sicura. Sentiva il fresco, come noi.

Le rose sono magnifiche in questo momento. Sono tante, non si contano. Ogni giorno posso riempire un vaso e mischiare i colori, come piace fare a me. Il rosso, per esempio, non va mai insieme al giallo: troppo caldi e carichi insieme. Allora tra loro metto sempre il rosa, che li ingentilisce. 

Ho il viso stanco in questi giorni, mi vedo le rughe intorno agli occhi. Non mi dispiace, quello che mi preoccupa è questo passare veloce del tempo, i fiori che arrivano e se ne vanno, il prato che ricresce un secondo dopo essere stato tagliato, Francesco che è diventato un piccolo grande uomo, gli agnellini che ormai sono grandi. 
Il temporale che arriva e se ne va e non mi lascia nemmeno abituare all'idea del fresco. 
Però le cose intorno prendono forma, gli amici tornano a trovarci, la griglia è in piena forma, noi ci vogliamo bene. E le rose sono bellissime, mentre ci guardano.

P.s. Il giardino non è solo sinonimo di lavoro: è festa, ricompensa, unione, colore. E per chi non sa da che parte cominciare, io continuo a dare piccoli piccolissimi consigli qui e qui
A presto. 


giovedì 10 aprile 2014

Quattro foto

E' l'alba e, come spesso succede in questo periodo, sono sul divano della veranda a ritagliarmi uno spazio prima che Francesco si svegli per andare a scuola. Quando il sole spunta dalla collina di fronte è già troppo tardi, il giardino chiama e il tempo mi divora. 
Spesso mi siedo a guardare il bosco fitto di ciliegi selvatici e noccioli, essenze di questa terra, da quella parte del nostro giardino che adesso è ben visibile nella mia testa come mix di piante di Ribes ornamentale, Aster, Vinca e Primula ma che agli occhi degli altri è solo una terra scura che ha contenuto un bosco. 
Le rose traboccano di boccioli. Se ne contano centinaia e tra poco si schiuderanno al sole. 
I tulipani stanno dominando il giardino e sono imbarazzanti da quanto sono belli.

Francesco si è appassionato alla musica. Gli abbiamo regalato un vecchio ipod del Moschettiere e adesso non lo abbandona mai, tranne che per andare a scuola, ovviamente.
Lo sento cantare dalla veranda, mentre sono in cucina a preparare la cena. E vado a spiare tutta la tenerezza delle sue parole e dei silenzi che seguono il ritmo della musica che c'è nelle sue orecchie.
Due giorni fa è andato in gita per la prima volta. Aveva lo zainetto che abbiamo preparato insieme: sacchetto del pranzo, acqua, macchina fotografica, fazzoletti, visiera. E' tornato con quattro foto (di cui tre del suo amico e una di fiori), i capelli ancora più biondi, la tristezza di una giornata finita troppo in fretta.

A casa è ormai il responsabile del pollaio, che detta così sembra una cosa brutta. Invece è un compito tutto suo, che si è scelto e che svolge ogni giorno, senza mai dimenticarsene. E poi coccola il suo cavallo, che lo annusa con quel naso grande. E ridono insieme.

Lui ha dentro la campagna, glielo dico sempre. Ha dentro quello che i libri di scuola non dicono, quelle albe che disegnano il profilo della collina e le foglie dei tigli che lui ha tanto voluto.




giovedì 27 marzo 2014

I perché

Da sempre, sono un mix di rigidità e creatività. 
Ci sono cose (non poche) su cui sono categorica. Accetto il confronto ma non mi ammorbidisco.
Non sopporto le persone invadenti, ancora più di quelle maleducate (che poi una persona invadente si può definire maleducata, a mio parere), considero il rispetto la cosa più importante in ogni rapporto, sono capace di spaccare il capello in quattro e non dormire per molte notti se una cosa rimane in sospeso e non ho la possibilità di chiarirla, la volgarità mi irrita, in un giardino come addosso ad una persona.
Sento male fisicamente se mi fanno un torto e, piangendo sul cuscino, prima di addormentarmi, penso sempre a mio padre, qualsiasi cosa mi succeda, e immagino persone, luoghi, case, mezzi pubblici, mi chiedo quali siano le loro preoccupazioni, dove risieda la loro tristezza, sempre che tristi siano. Ho questa tendenza, sì, ad immaginare e ad immedesimarmi nei pensieri degli altri e mi vengono i crampi allo stomaco, forse per dire a me stessa che non sono l'unica ad avere pensieri tristi. O forse sì, in fondo spesso la gente si fa i fatti suoi e lascia scivolare le cose.
Mi fa male quando la cattiveria è gratuita, quando non ho la possibilità di spiegarmi e le conclusioni vengono tratte senza ascoltare la mia voce. Mi succedeva molto spesso da piccola: i miei genitori erano la legge e io stavo lì, con le mie parole dette tra le lacrime sul cuscino.
Erano tempi ben diversi, certo, ma con Francesco cerco di non ripetere questi errori che, con tutto il bene che mi hanno voluto i miei genitori, hanno creato un mostro completamente senza autostima, sempre convinto di non essere all'altezza o di non poter esprimere tutto quello che pensa. 
Non è facile, lo ammetto. Francesco ha solo sette anni e quando è arrabbiato per qualcosa che non ottiene non ascolta a fondo i perché, sentendo solo i "ma perché questa ingiustizia?" della sua coscienza.
In quei momenti nella mia, di coscienza, ci sono io bambina. C'è la mia cameretta, c'è il mio cuscino, ci sono i grandi perché della vita. E me li ritrovo tutti, mi arrivano in faccia diretti e duri come sassi, la sera, in una stanza vicina a quella del mio bambino, dove mi chiedo se ho fatto bene, se dovrei andare a svegliarlo per cercare di spiegargli ancora il perché di una punizione. 
Spesso il mattino dopo lui l'ha accettata e mi sorride sereno. Io lo riguardo, con tutte quelle lacrime che sono finite nello stomaco perché le ho ingoiate, e sorrido.
Mai vorrei che mi rinfacciasse di non avergli lasciato lo spazio per parlare, di non aver dato peso ai suoi perché. Tutto, ma non questo. Ho sofferto troppo per non aver avuto lo spazio che avrei voluto, per non aver detto tutto, per aver lasciato parlare i silenzi, per essermi sentita inutile perché non potevo dire tutto fino in fondo.
I figli non sanno cosa c'è dietro ad un genitore e per loro, forse, non è mai stato bambino. Invece bambini siamo stati e io lo sono ancora un po' adesso. E penso che sia questa la chiave di tutto: il non dimenticare che ognuno, anche un bambino di pochi anni ha delle priorità, dei desideri, dei sentimenti inespressi, dei perché. Che sono solo suoi e vanno ascoltati.

p.s. Detto tutto questo, non ci sono solo i pensieri tristi di una mamma piena di perché. Ci sono anche cose belle, come un armadio di primavera e una caraffa con i rami di un pesco che sono fioriti (anche) in casa.

giovedì 27 febbraio 2014

Le cose importanti

"Da cosa vuoi vestirti per carnevale, Francesco?" "Da niente"
Ecco, bravo. 
Sai, però, quando io ero piccola il carnevale si aspettava con trepidazione. Tutti gli anni speravo di potermi vestire da principessa come quella mia compagna di classe che arrivava in piazza con abiti lunghi e vaporosi, sempre rosa, pieni di pizzi. 
Invece, quando sbirciavo cosa stava cucendo mia mamma alla macchina da cucire, trovavo sempre le frange di un vestito da indiana d'America o il grembiule a fiori di una contadinella. Questo perché tutto doveva combinarsi perfettamente con la parrucca a trecce nere che si tirava fuori per carnevale. 
E prima di andare in piazza a tirare coriandoli, la foto di rito. Io, sui gradini del giardino di casa con il viso paffuto contornato dalle trecce finte e, in mano, un cestino.

Mia mamma, ogni anno, si lamentava perché certi delinquenti le imbrattavano la pelliccia con la schiuma da barba. E io, nonostante tutto, nonostante il mio vestito fatto in casa senza pizzi e merletti, tornavo a casa felice. 
I coriandoli rimanevano in giro per casa per settimane. E quando mia madre pensava di averli eliminati tutti, ecco che ne spuntava un altro, uscito da non si sa dove.

E' strano, ripensandoci, come le cose importanti cambino da persona a persona, da età a età.
Il vestito da principessa ora ha lasciato il posto ad un lavoro gratificante, alla lettura di un buon libro in tutta tranquillità, ad un po' di benessere economico, alle cose che girano bene quotidianamente tra incastri e corse, all'amore ricambiato. Questi sono i desideri di una donna. Niente più vestito da principessa. Troppo futile, non c'è spazio tra gli altri pensieri, ben più importanti.
E invece io, in questo momento, sono così stanca che mi vorrei sedere sui gradini del giardino di mia madre, tra i vasi dove le begonie trionferanno tutta l'estate, e fare una foto con il viso paffuto, la parrucca e il cestino.
Vorrei che i pensieri futili e stupidi e per niente importanti trionfassero su tutto.


A proposito di carnevale e altre cose belle, leggete qui e qui. (E pensate a cose leggere, dai).

sabato 25 gennaio 2014

Di questi giorni

Sono in piena campagna vendite. E questa non è una novità per me una quindicina d'anni. La novità è invece che Francesco cresce e come tutti quelli che crescono e, grazie a Dio, allargano i loro orizzonti, ha voglia di fare. E fare. E ancora fare. E quindi ora il puzzle degli incastri è decisamente diventato uno di quelli difficili, tipo da 5000 pezzi (piccoli), tipo quelli che ci metti mesi a finirli e ti vanno gli occhi insieme.
In fondo, quando era nella pancia, ho pregato che non fosse pigro perché io non riesco proprio a stare dietro alle persone pigre. Non sono proprio portata. 
Ecco, lui non lo è. E tra calcio, tamburello, nuoto e pianoforte i suoi pomeriggi sono decisamente impegnati (e felici, come dice lui). 
In queste settimane di campagna vendite tutta l'organizzazione è gestita telefonicamente e via whatsapp (gli allenatori di Francesco sono social, sempre grazie a Dio) e io mi barcameno tra un messaggio e un'emoticon nella speranza di non lasciare indietro troppe risposte.

Mia madre, nel frattempo, mi sostituisce nella gestione quotidiana di pranzi, cene, scuola-bus e compiti e, anche se si è completamente dimenticata di far esercitare Francesco al pianoforte, anche se pensava che la poesia che recitava Francesco lunedì sera fosse un vezzo e non da dire il giorno seguente alla maestra, anche se lei e suo nipote organizzano partitoni di scopa d'assi ogni  pomeriggio, beh, non posso lamentarmi. 

I giorni liberi torneranno e così tornerà anche la primavera e con lei i suoi fiori, di cui scriveremo a più o non posso.
Per ora vi regalo un pensiero per assaggiare la fine dell'inverno in modo diverso, un po' guardando il cielo e i rami con il naso all'insù e un po' scoprendo che la natura ha sempre qualche chicca da regalare, anche solo per apparecchiare una tavola (e circondarsi di persone amiche).

venerdì 17 gennaio 2014

Racconti al ritorno da una foresta, un canyon, un deserto e un oceano{Francesco e l'America, la loro prima volta}

Non ho esitato un attimo quando ho pensato di cogliere al volo un'occasione e partire per gli Stati Uniti in tre.
E Francesco, senza nessun problema, si è caricato sulle spalle 12 ore di volo e 9 di fuso orario, 5000 kilometri e 10 hotel diversi in 10 giorni. 
Ha solo spalancato gli occhi vedendo aquile, cervi e leoni marini. Foreste infinite, canyon colorati e deserti di Cactus trionfanti. E noi con lui, senza riserve, abbandonandoci alla natura maestosa e imponente, grandiosa in tutta la sua bellezza. 
Un'esperienza magica, che io non dimenticherò mai. 
California, Nevada, Utah, Arizona, Messico e ancora California. La nostra grande madre, la Natura, ha saputo stupirci ancora. E la ringrazio, la ringrazierò sempre per avermi donato anche questo. Per averlo donato a mio figlio e ai suoi occhi innocenti e curiosi che meritano di continuare a vedere, sognare, scoprire. 
Senza fine.









lunedì 6 gennaio 2014

Stelle {live from the Grand Canyon}

Non riuscivo a dormire, dopo aver visto il Grand Canyon.
Lo avevo sognato tante volte ma, arrivando da giorni passati a visitare canyon e valli monumentali e creste di pietra dipinta, mi sembrava di non aver più spazio negli occhi e di stare per vedere un luogo come tanti altri. 
E invece ho pianto.
Non riuscivo a dormire, quella notte. Allora sono uscita e ho visto una distesa buia, nera, che faceva quasi paura, oltre il muretto basso che mi divideva dallo strapiombo. Peró c'erano le stelle, tante, infinite. E non erano solo in alto, arrivavano a toccare la distesa del canyon. 
Le vedevo davanti a me, senza sollevare la testa. 
Ho sorriso e mi sono commossa, come il pomeriggio prima, quando mi sono trovata il Grand Canyon davanti.

È passata poco piú di mezz'ora da quel momento e, ovviamente, non dormo. 
Ho dentro troppe stelle, come non ne avevo mai viste prima.